Le accuse dell'ex amico di Assange? Una trovata pubblicitaria, ecco perché

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Vogliamo fare alcune riflessioni circa le accuse rivolte a Julian Assange da parte «dell'ex amico» e cofondatore di WikiLeaks, John Young, che lo accusa di essere "pilotato" dall'intelligence statunitense, ovviamente senza alcuna prova, e palesando la gran voglia di visibilità dell'autore, che puntando il dito contro Julian, entra in scena nelle cronache mondiali dalla porta principale, con la possibilità di fare pubblicità al suo sito, "in pieno stile Wikileaks" che ha personalmente fondato, e che non conosce nessuno. L'intervista evidenzia anche la volontà di screditare l'organizzazione di Assange, forse perché tra i due non corre buon sangue: (ex amicizia..), probabilmente perché "sparare" su WikiLeaks, in questo momento, garantisce visibilità, e chissà che questo "fango" non faccia comodo a qualcuno, magari proprio l'intelligence di cui accusa Assange, che non deve essere molto felice della grandissima popolarità a livello mondiale acquisita da WikiLeaks nelle ultime settimane: tanto, da ricevere fino a 100.000 dollari di donazioni al giorno, la cifra che l'organizzazione di Assange avrebbe perso a causa dell' interruzione per un giorno dei servizi utilizzati per ricevere donazioni, prontamente sostituiti. (PayPal, Mastercard e la banca svizzera di Assange).

Gli "obbiettivi interni" che secondo il teorema di John Young, vorrebbero perseguire i servizi mediante il lavoro di Wikileaks, potrebbero essere raggiunti, più facilmente, con altri mezzi: per esempio, mediante attacchi informatici a banche, istituzioni, e servizi di vitale importanza: per esempio, basterebbe che "ripulissero" qualche decina di conti correnti, per seminare il panico tra i cittadini, che avvallerebbero qualsiasi decisione: senza dover "mettere in piazza" scomode verità, come il video che hanno rilasciato, girato a bordo di un Apache, dove si vede chiaramente come i militari aprano il fuoco su civili inermi, e anche sui soccorritori, piuttosto che i dispacci secretati delle ambasciate di tutto il mondo. Emblematica la "chiusura" dell'intervista di Young, secondo il quale, il suo sito sarebbe ancora "più cattivo" di Wikileaks: un po' come dire "fatemi una visitina".

Le rivelazioni degli uomini di Assange hanno "colpito" solo marginalmente l'Italia, dove comunque la popolazione è talmente abituata agli scandali, da non farci nemmeno caso: interessanti i dossier sul rapporto Berlusconi-Putin, il fatto che secondo la CIA il premier sarebbe pronto a ripare in Libia qualora qualcosa "andasse male": tuttavia, poca cosa rispetto alla portata dei "cables" riguardanti gli Stati Uniti: ne sono stati filtrati moltissimi, dalle ambasciate di tutto il mondo, anche se di questi ne abbiamo sentito parlare solo marginalmente, senza scendere nel dettaglio: sono comunque disponibili sul loro sito.

Secondo alcuni, le azioni dei WikiLeaks, potrebbero essere strumentalizzate al fine di inasprire la censura e il controllo della rete, tuttavia appare una tesi improbabile per diversi motivi. Innanzitutto, intervenendo in questo frangente, si tirerebbero addosso durissime critiche dall'opinione pubblica, che apparirebbero atti censori a tutti gli effetti, mentre con la giusta strategia, potrebbero conseguire gli stessi obbiettivi forti del consenso popolare. Sarebbe difficile spiegare ai cittadini che a causa di Wikileaks "è necessario, per esempio, chiudere i blog dei cittadini": perché ciò che da noia ai potenti è questo: la libera circolazione (non controllata da loro) dell'informazione, status parzialmente raggiunto (e in continua espanzione) grazie ai migliaia di blogger presenti in rete, e da strumenti fondamentali come i Social Network. Altri tipi di "controlli" del web non sono invece "necessari", visto che tutto il traffico della rete è tracciato e disponibile fino a svariati anni dopo.

Anche la nostra privacy, è praticamente inesistente, tra "cookie" e "script" vari che "rilasciano" informazioni sulle abitudini del navigatore, se non l'identità stessa, anche mediante i "numeri identificativi" del Sistema Operativo, che sempre più spesso registriamo online: la Polizia postale Italiana, secondo quanto riportato dall'Espresso, ha persino mandato alcuni emissari a Palo Alto, in California, alla sede di Facebook, dove pare sia stato siglato un accordo che consente agli agenti nostrani di spulciare i profili Facebook anche senza autorizzazione di un magistrato.

Quello che deve farci paura, sono le "Leggi bavaglio" di turno, già proposte più volte, quando di WikiLeaks non ne parlava nessuno.

Lo staff di nocensura.com

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