L'ammucchiata selvaggia
“Il piano per battere Berlusconi”. Soprattutto con quell’accenno a una “lista civica nazionale contro Pdl e Lega”. Significa che auspichiamo un’ammucchiata da Fini a Vendola? No, abbiamo solo dato una notizia.
Partiamo dall’inizio. Molto probabilmente il 14 dicembre B. verrà sfiduciato alla Camera. Ma, anche nel caso in cui riesca a comprare qualche altro peone (i pannelliani si offrono in cambio dell’amnistia e dell’epurazione di Santoro: auguri a chi se li prende in casa) e a salvare la pelle per un voto, il suo destino in questa legislatura è segnato: con un voto in più non si governa, si può solo vegetare tenendo il Parlamento chiuso per evitare di andar sotto a ogni stormir di fronda. Dunque, se non sarà la Camera a staccargli la spina, sarà Bossi. A quel punto, due scenari: o si vota in primavera (prima Napolitano non vuole per non disturbare i 150 anni dell’Unità d’Italia e non prestare il fianco a speculazioni finanziarie), o si inventa un altro governo. Che sarebbe costituzionalmente legittimo, ma moralmente e politicamente indecente, perché mai avallato dagli elettori che anzi due anni e mezzo fa premiarono le forze che ne verrebbero escluse (Pdl e Lega). E poi un governo senza B&B ma con tutti gli altri dentro avrebbe una maggioranza talmente striminzita da poter vivacchiare al massimo fino all’estate per gestire l’ordinaria amministrazione: con le elezioni dietro l’angolo, non avrebbe la forza di adottare le misure impopolari che necessitano al Paese e, se tentasse di rifare la legge elettorale, si macchierebbe dello stesso peccato originale di cui si macchiò B. Nel 2005, cambiando le regole del gioco un minuto prima del fischio dell’arbitro. E gli regalerebbe una formidabile arma propagandistica, alimentando un vittimismo oggi impraticabile (oggi, se cade il governo, è colpa di B. che non ha saputo governare con la più ampia maggioranza mai vista nella storia repubblicana).
Dunque si fa strada in molti ambienti – alcuni mossi da senso di responsabilità, altri da interessi forti – un’idea: quella che, alla luce della mozione di sfiducia del terzo polo, abbiamo illustrato ieri: andare al voto il prima possibile e dar vita a una lista civica nazionale capitanata da una personalità super partes, come Mario Monti (Mario Draghi non è disponibile ed è meglio che resti a Bankitalia), che si presenti agli elettori con un programma minimo di cose urgenti da fare prima di restituire l’Italia alla normale dialettica progressisti-conservatori: risanamento della finanza pubblica per evitare una deriva greca e irlandese, nuova legge elettorale e poco altro. Un programma da realizzare in due anni, dopodiché chi sostiene il listone si impegna a restituire la parola agli elettori e Monti (o chi per lui) a tornare al suo lavoro, come Cincinnato. Il listone dovrebbe indicare i futuri ministri, scelti tra personalità di alto livello dai partiti che lo sostengono. Quali? Tutti quelli che ci stanno. È scontato che né il Pdl, prigioniero del rabbioso revanscismo di B., né la Lega potrebbero mai starci. Né la sinistra neocomunista. Dunque il listone chiederebbe l’appoggio a tutti gli altri: Fli, Udc, Pd, Idv e Sel. Se aderissero tutti o quasi, riuscirebbero a far scattare il premio di maggioranza, che assegna il 55% dei seggi parlamentari a chi totalizza almeno il 35% dei voti. Se invece il fronte chiamato a deberlusconizzare l’Italia si presentasse, come nel ’94, diviso fra centristi e sinistra, il quorum non scatterebbe per nessuno in entrambi i rami del Parlamento. E ci ritroveremmo B&B vittoriosi alla Camera, ma non al Senato. Caos e ingovernabilità totale. Questa è l’idea che si fa strada e noi l’abbiamo raccontata.
Ci piace quest’idea? Tutto dipenderà dalla selezione delle candidature e dal programma che l’eventuale listone si darà, oltre alla scontata riforma elettorale. Nei giorni prossimi, il Fattoospiterà i pareri degli esperti e dei lettori. Chi vuol dire la sua può farlo sul nostro sitowww.ilfattoquotidiano.it
Da Il Fatto Quotidiano del 5 dicembre 2010
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Partiamo dall’inizio. Molto probabilmente il 14 dicembre B. verrà sfiduciato alla Camera. Ma, anche nel caso in cui riesca a comprare qualche altro peone (i pannelliani si offrono in cambio dell’amnistia e dell’epurazione di Santoro: auguri a chi se li prende in casa) e a salvare la pelle per un voto, il suo destino in questa legislatura è segnato: con un voto in più non si governa, si può solo vegetare tenendo il Parlamento chiuso per evitare di andar sotto a ogni stormir di fronda. Dunque, se non sarà la Camera a staccargli la spina, sarà Bossi. A quel punto, due scenari: o si vota in primavera (prima Napolitano non vuole per non disturbare i 150 anni dell’Unità d’Italia e non prestare il fianco a speculazioni finanziarie), o si inventa un altro governo. Che sarebbe costituzionalmente legittimo, ma moralmente e politicamente indecente, perché mai avallato dagli elettori che anzi due anni e mezzo fa premiarono le forze che ne verrebbero escluse (Pdl e Lega). E poi un governo senza B&B ma con tutti gli altri dentro avrebbe una maggioranza talmente striminzita da poter vivacchiare al massimo fino all’estate per gestire l’ordinaria amministrazione: con le elezioni dietro l’angolo, non avrebbe la forza di adottare le misure impopolari che necessitano al Paese e, se tentasse di rifare la legge elettorale, si macchierebbe dello stesso peccato originale di cui si macchiò B. Nel 2005, cambiando le regole del gioco un minuto prima del fischio dell’arbitro. E gli regalerebbe una formidabile arma propagandistica, alimentando un vittimismo oggi impraticabile (oggi, se cade il governo, è colpa di B. che non ha saputo governare con la più ampia maggioranza mai vista nella storia repubblicana).
Dunque si fa strada in molti ambienti – alcuni mossi da senso di responsabilità, altri da interessi forti – un’idea: quella che, alla luce della mozione di sfiducia del terzo polo, abbiamo illustrato ieri: andare al voto il prima possibile e dar vita a una lista civica nazionale capitanata da una personalità super partes, come Mario Monti (Mario Draghi non è disponibile ed è meglio che resti a Bankitalia), che si presenti agli elettori con un programma minimo di cose urgenti da fare prima di restituire l’Italia alla normale dialettica progressisti-conservatori: risanamento della finanza pubblica per evitare una deriva greca e irlandese, nuova legge elettorale e poco altro. Un programma da realizzare in due anni, dopodiché chi sostiene il listone si impegna a restituire la parola agli elettori e Monti (o chi per lui) a tornare al suo lavoro, come Cincinnato. Il listone dovrebbe indicare i futuri ministri, scelti tra personalità di alto livello dai partiti che lo sostengono. Quali? Tutti quelli che ci stanno. È scontato che né il Pdl, prigioniero del rabbioso revanscismo di B., né la Lega potrebbero mai starci. Né la sinistra neocomunista. Dunque il listone chiederebbe l’appoggio a tutti gli altri: Fli, Udc, Pd, Idv e Sel. Se aderissero tutti o quasi, riuscirebbero a far scattare il premio di maggioranza, che assegna il 55% dei seggi parlamentari a chi totalizza almeno il 35% dei voti. Se invece il fronte chiamato a deberlusconizzare l’Italia si presentasse, come nel ’94, diviso fra centristi e sinistra, il quorum non scatterebbe per nessuno in entrambi i rami del Parlamento. E ci ritroveremmo B&B vittoriosi alla Camera, ma non al Senato. Caos e ingovernabilità totale. Questa è l’idea che si fa strada e noi l’abbiamo raccontata.
Ci piace quest’idea? Tutto dipenderà dalla selezione delle candidature e dal programma che l’eventuale listone si darà, oltre alla scontata riforma elettorale. Nei giorni prossimi, il Fattoospiterà i pareri degli esperti e dei lettori. Chi vuol dire la sua può farlo sul nostro sitowww.ilfattoquotidiano.it
Da Il Fatto Quotidiano del 5 dicembre 2010
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