Il terremoto '80 trentanni dopo: tra sprechi e mani dei clan


L'odore di morte si sentì subito. Le urla dei sepolti vivi, anche. Un minuto e venti secondi bastarono per uccidere 2735 persone e per ferirne 8848. La forza del terremoto del 23 novembre del 1980, che nell'epicentro raggiunse il nono-decimo grado della scala Mercalli, sconvolse l'Italia intera. Quasi settecento i comuni coinvolti, nel cuore della Campania, soprattutto, nell'Irpinia come nel Salernitano, ma anche della Basilicata e del Molise. Un dramma senza fine, che è continuato: per decenni.
Gli affari, i soldi della ricostruzione. E poi, i primi passi dell'ecomafia, gli arresti, le prescrizioni. È lunga la storia del terremoto di quella domenica di novembre. E forse non è stata neanche ancora del tutto raccontata. In 300mila rimasero senza tetto; 600mila gli edifici inagibili. Interi comuni rasi al suolo. L'Italia non era affatto pronta. E arrivò in ritardo. Sandro Pertini, in quel 1980, era presidente della Repubblica. Andò in quelle terre. E dopo aver visto, fu duro: «A distanza di 48 ore non erano giunti in quei paesi gli aiuti necessari. Quello che ho constatato è che non ci sono stati i soccorsi immediati che ci sarebbero dovuti essere». Andò proprio così; del resto la Protezione Civile nacque proprio dopo quel giorno, ad opera dell'allora commissario per l'emergenza terremoto Giuseppe Zamberletti. Tanti, proprio per il ritardo dei soccorsi, furono condannati a morire. Da vivi.
Molti fiutarono l'affare della ricostruzione. E molti, l'affare, lo fecero sul serio. Dopo undici anni e i lavori di una Commissione parlamentare d'inchiesta, presieduta da Oscar Luigi Scalfaro, il quadro di quello che successe dopo, fu più chiaro. E brutto. Si parlò di Terremotopoli e di un buco nero dove finirono miliardi e miliardi di vecchie lire. Per la ricostruzione, per gli investimenti pubblici, gli aiuti alle imprese furono stanziati oltre 60mila miliardi. Sul fronte della ricostruzione abitativa i 542 comuni della Campania hanno ricevuto finanziamenti per 14mila miliardi di lire; 6459 mila quelli per i 119 comuni dell'Irpinia, che registrarono la distruzione del patrimonio edilizio superiore all'80%; 1475 miliardi al Beneventano (78 comuni); 2095 alla provincia di Napoli (86 comuni); 3567 a quella di Salerno (157 comuni). Ricostruzione che ha superato l'80%. Ma, spesso, in un modo distorto. La Corte dei Conti lo disse chiaramente: costi lievitati fino a 27 volte; il 48,52% dei progetti finanziati mai portati a termine; irregolari gli interventi per le imprese. La criminalità organizzata fece il resto, con le mani sugli appalti. Scrisse la Commissione parlamentare antimafia nel '93: «L'attività che si è svolta intorno all'utilizzo del fondi stanziata è stata condizionata dalle organizzazioni camorristiche».
In Basilicata - sul territorio lucano il terremoto causò 140 morti - la ricostruzione del patrimonio edilizio abitativo ha raggiunto l'80 per cento circa, con la «punta» del cento per cento a Balvano (Potenza), uno dei Comuni più colpiti dal sisma (dove morirono 77 persone), e la consegna di tutte le abitazioni agli sfollati o a chi aveva perso l'unica abitazione di proprietà. Secondo i dati forniti dalla Regione, quindi, la ricostruzione è terminata per tutti quei lucani costretti a lasciare le loro case per i danni del terremoto del 23 novembre 1980 (che causò anche circa 300 feriti e oltre 40 mila senzatetto, su una popolazione inferiore ai 600 mila abitanti), e in un terzo dei nove comuni dichiarati «disastrati», dove le scosse resero inagibile il 60 per cento del patrimonio abitativo; otto case su dieci sono state invece ricostruite nei centri «gravemente danneggiati». Dal 1980 la Basilicata ha ricevuto complessivamente 4.800 miliardi di lire (circa 2,4 miliardi di euro) per le abitazioni, e dal prossimo riparto di nuovi fondi dovrebbero arrivare altri 12 milioni di euro: una cifra, quest'ultima, «nettamente inferiore al fabbisogno» poichè, fanno sapere dalla Regione, c'è da aggiungere al conto anche il meccanismo dell'aggiornamento dei costi dei materiali e delle attività edili per quelle opere non ancora completate. «Occorre un colpo di reni - ha spiegato l'assessore regionale alle infrastrutture, Rosa Gentile - perchè molto è stato fatto nell'azione di recupero del patrimonio abitativo, ma forse qualcosa si può ancora fare sia per la semplificazione burocratica, sia per il finanziamento della conclusione delle opere».
Accanto ai finanziamenti per le case, la Basilicata ha ottenuto circa 13 mila miliardi di lire (circa 6,7 miliardi di euro) per l'insediamento di nuove industrie, tra cui la Ferrero, che ha aperto uno stabilimento a Balvano (Potenza): «Il terremoto - ha evidenziato l'assessore regionale alle attività produttive, Erminio Restaino - ha consentito alla Basilicata di vivere una stagione nuova in campo industriale. È stata un'esperienza che presenta ancora luci ed ombre, che non deve essere considerata solo per i suoi aspetti negativi».

Fonte: ANSA

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