E' morto Tommaso Padoa Schioppa

Stroncato da un arresto cardiaco durante una cena a Roma, aveva 70 anni. Prodi: sconvolto

ROMA - Tommaso Padoa Schioppa, economista ed ex ministro dell' economia e delle Finanze del governo Prodi, e' morto ieri sera a Roma. Aveva 70 anni. E' stato stroncato verso le 21 da un arresto cardiaco durante una cena a Palazzo Sacchetti, nel centro della capitale, per la quale aveva riunito un centinaio di amici. Padoa-Schioppa, è stato un economista-banchiere con la passione della Politica con la P maiuscola, quella che sceglie obiettivi da raggiungere, che non riununcia ad un mondo migliore, dalla necessità di conti pubblici in regola a quella di saper stimolare i giovani all'impegno sociale e lavorativo.

"Sono sconvolto e addolorato": e' stato il primo commento di Romano Prodi, dopo aver saputo la notizia. L'ex presidente del Consiglio, che oggi si trova a Bologna, è stato avvertito telefonicamente da uno degli invitati alla cena organizzata ieri sera a Roma dall'ex ministro dell'Economia, "un amico", una delle persone a cui era "più legato", ha aggiunto ancora Prodi. Il professore era stato invitato da Padoa- Schioppa alla cena di palazzo Sacchetti, insieme a tanti altri amici, ma per altri improrogabili impegni non ha potuto parteciparvi. ''Con Padoa-Schioppa scompare un economista di grande valore e di autentico spessore internazionale che ha servito le istituzioni della Repubblica italiana e l'Europa, di cui è stato fervente testimone'' ha detto Pier Ferdinando Casini, leader dell' Udc.

Era stato Romano Prodi a indicare Padoa Schioppa per il Board della Bce durante il suo primo incarico di governo. E dalla poltrona dell'esecutivo della Banca Centrale europea è stato uno degli artefici del passaggio all'Euro. Sempre Prodi lo ha poi chiamato al ministero dell'Economia, dove ha ricoperto l'incarico durante la penultima legislatura: due anni intensi nel corso dei quali ha tenuto saldamente in mano i conti pubblici. Durante questo periodo ha conquistato le prime pagine dei giornali per alcune sue dichiarazioni, da quella in favore delle tasse, considerate da lui uno strumento necessario per contribuire ai servizi di un paese, a quella sui bamboccioni, sui giovani che non affrontano le sfide del lavoro. Ma, in concreto, ha anche raddrizzato i conti pubblici, piegando il deficit sotto il 2% e introducendo criteri rigidi per la spesa sanitaria. Finita l'esperienza ministeriale, nella quale ha affrontato anche delle mozioni di sfiducia provocate dal caso del generale della Guardia di Finanza, Speciale, Padoa-Schioppa ha continuato la sua attività internazionale e recentemente era entrato nel Cda di Fiat Industrial, una delle due società nate dalla scissione della vecchia Fiat.

Bellunese, 70 anni, nato da una famiglia dell'alta borghesia, Padoa Schioppa era noto come economista con una radicata vocazione europeista, esperto conoscitore del funzionamento dei mercati internazionali, con la passione della musica classica e della letteratura d'avventura. Dal '79 all'83 è a Bruxelles per ricoprire la carica di direttore generale per gli affari economici e finanziari nella commissione delle Comunità economica europea. L'Europa, del resto, è una delle grandi passioni che caratterizzano tutta la sua carriera, culminata nell'ingresso nel board della Bce. Una sorta di epilogo 'obbligato', quest'ultimo, soprattutto se si pensa che Padoa Schioppa aveva dato un importante contributo alla costruzione dell'euro partecipando al comitato Delors per impostare le basi dell'unificazione monetaria. In Bankitalia impiega 16 anni per fare il suo ingresso nel direttorio: nel giugno del 1984 viene nominato vicedirettore generale, con Carlo Azeglio Ciampi Governatore, Lamberto Dini direttore generale e Antonio Fazio vicedirettore generale. Di fatto in tutto quel periodo, pur essendo il numero quattro per anzianità di ingresso nel direttorio, è comunque lui che assieme a Ciampi manda avanti la banca. Nel 1993 quando - con l'Italia uscita dallo Sme e nessuno che sottoscriveva più i titoli di stato - occorreva ridare fiducia al paese, Ciampi viene chiamato a Palazzo Chigi. Da allora a Palazzo Koch comincia una sorta di lotta fra titani, a suon di veti incrociati, per conquistare la leadership della banca, che viene a sorpresa affidata a Antonio Fazio. Nel 1994, quando il nuovo premier Silvio Berlusconi chiama Dini al ministero del Tesoro, il percorso 'tradizionale' avrebbe voluto che Padoa Schioppa da numero tre diventasse direttore generale. Ma così non sarà: circolano alcuni nomi di altri possibili candidati (come quello di Rainer Masera), ma Fazio sceglie per la direzione generale il neo vice direttore Vincenzo Desario. Nel 1997 a Padoa Schioppa, ormai emarginato dal nuovo governatore, viene offerta la presidenza della Consob. Decide allora di parlarne con Fazio per dirgli che volentieri continuerebbe a servire la banca, ma questi non lo trattiene. Alla Consob resterà un solo anno. A giugno del 1998, infatti, si trasferisce a Francoforte e tiene a battesimo la neonata Banca Centrale Europea, entrando a far parte del consiglio assieme a altri cinque membri.

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Commenti

vitariello ha detto…
SINCERAMENTE:e chi se ne frega,abbiamo,spero,risparmiato una pensione coi fiocchi,a discapito dei contribuenti,a un ex ministro,che ha contribuito a rovinare l'Italia.Posso sembrare un'insensibile,ma forse questo è l'unico modo per toglierceli dai cogl.....SCUSATE
Anonimo ha detto…
nel tenere fermamente in mano i conti pubblici è compresa anche l'estensione di barba e cappuccino, privilegio prima dei soli senatori, a tutto il governo? se non erro 15€ cadauno giornalieri ( anche le donne, passi il cappuccio, ma la barba solo la bindi ne ha bisogno).
per non parlare del passaggio all'euro con la famosa tassa x entrare in europa.
ha ragione vitariello, una pensione in meno.....
Anonimo ha detto…
Un articolo tristemente di parte e pieno di lacune che elogia qualcuno che non se lo merita. Mettere più tasse non è la soluzione, soprattutto se non si pensa PRIMA come combattere l'evasione fiscale e gli sprechi di questi grandi statisti. Alla fine sono i soliti che pagano (di più) per tutti i furbetti e la casta rimane con tutti i suoi privilegi.

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