Pompei cadeva a pezzi, tutti sapevano


Secondo Panorama dallo scorso 22 ottobre ci sarebbero state  diverse segnalazioni, annotate dai custodi, su possibili crolli o incidenti all’interno del perimetro degli scavi. La Sovraintendenza inspiegabilmente avrebbe fatto orecchie da mercante



E’ dallo scorso 22 ottobre che i custodi degli scavi di Pompei hanno stilato un completo rapporto di ben 87  pagine, con tanto di segnalazioni dei vari disguidi e e problemiriscontrati nell’area archeologica. Di queste segnalazioni, addirittura 12 riguardano la prima settimana di novembre, ossia lo stesso periodo in cui è avvenuto il crollo della Domus dei Gladiatori, che poi ha fatto il triste giro del mondo che sappiamo
E TUTTI GIU’ PER TERRA – A portare alla luce l’episodio è stato il settimanale Panorama, secondo il quale a Pompei c’è un registro riservato in cui viene redatto cosa accade giorno per giorno negli scavi dell’antica città romana. Il faldone è compilato direttamente dai custodi che hanno riempito 87 pagine di segnalazioni, avvisi e lamentele anche da parte degli stessi turisti. Di queste, ben dodici fanno riferimento alla prima settimana di novembre, la stessa, guardacaso, del crollo alla Casa dei Gladiatori. Negli appunti – a detta del settimanale edito dalla Mondadori –  sono stati segnalati diversi altri casi di cedimenti strutturale e non solo. In particolare, una nota permette  di ricostruire che cosa è successo nei giorni immediatamente antecedenti al crollo dell’Armeria dei gladiatori.

PER LA SOVRAINTENDENZA NON C’ERA ALCUN RISCHIO – Settantadue ore prima, ad appena 30 metri dalla Domus, ci sarebbe stato già uno smottamento del terreno. E’ stato nel vicolo di Ifigenia, una strada secondaria all’interno del perimetro degli scavi, che lambisce appunto l’armeria, l’antica “Schola armaturarum”. Questo movimento franoso avrebbe determinato un primo crollo di un muro per circa 10 metri. La Sovraintendenza, tuttavia, ha smentito o, almeno, ha  provato a ridimensionare l’accaduto. “Chi ha eseguito il sopralluogo, in seguito alla nota dei guardiani, passando accanto alla domus non ha notato crepe”. Tanto sarebbe bastato quindi, per non segnalare alcun allarme o un semplice ulteriore accertamento. Una “strategia” quella operata dallaSovraintendenza pompeiana, tesa sempre a sottodimensionare gli allarmi, che però appare quantomeno sospetta. Infatti, ancora pochi giorni prima, secondo quanto riportato da Repubblica, ci sarebbe stato un altro crollo subito messo a tacere. “Otto giorni fa, – scrive Conchita Sannino sulle pagine napoletane di Repubblica –  una frana rimasta “segreta”, con smottamento di un terrapieno, avrebbe compromesso lo stato di alcuni affreschi degli Scavi, mentre nessuno ha ancora relazionato l’incidente al responsabile della Direzione delle antichità, Stefano De Caro. Scoppia così la tensione latente da mesi. È il conflitto tra la gestione dei cantieri archeologici affidata alla Protezione civile, attraverso Marcello Fiori, braccio destro di Guido Bertolaso e la visione di quanti – come dipendenti, sindacalisti, associazioni e qualche parlamentare Pd – denunciano una situazione di arbitrio e mancata sicurezza. In sintesi: “Lavori fatti in fretta e furia, cantieri messi su senza piani di sicurezza, rischi per i lavoratori e per lo stato di conservazione dei beni”. Immediatamente scattò la smentita del Direttore degli scavi, Antonio Varone: “Il degrado del quale si parla è quanto di più lontano dalla realtà attuale di Pompei”. Si è visto.

UN ASSORDANTE SILENZIO - Sempre secondo Panorama, la sordina a simili episodi sarebbe stata quasi sistematica. Anche nel maggio 2009, nel corso di un intervento di impermeabilizzazione dell’edificio, “non emersero problemi strutturali”, afferma oggi il geometra incaricato di dirigere i lavori. Per chiarire le cause del crollo (ed eventuali responsabilità), le indagini della procura sono in corso, mentre il registro dei custodi comincia a riempirsi di s.o.s. Questa “strategia della disattenzione” è figlia di una logica che, al di là delle oggettive volontà, ha un nome e cognome. Non solo quello del ministro competente (si fa per dire) Sandro Bondi di cui, da più parti, sono state richieste le doverose dimissioni ma anche quelle di un altro ministro, ben più potente. Ci riferiamo a Giulio Tremonti.Infatti, se c’è una responsabilità “politica” grave di Bondi, questa è certamente ascrivibile al suo “silenzio-assenso” sui tagli prodotti in questi anni dal ministero dell’Economia. Non solo, secondo quanto riportato ben un mese prima, sempre dal quotidiano La Repubblica “da sei mesi senza vertice il parco archeologico più importante del mondo, quello degli scavi pompeiani. Il ministero dei Beni culturali non ha ancora nominato il responsabile definitivo della soprintendenza unificata di Napoli e Pompei. sandro bondi prega Pompei cadeva a pezzi, tutti sapevano nessuno intervenivaÈ giallo sulla mancata nomina: il 29 settembre il ministero avrebbe dovuto incaricare un responsabile definitivo, Angelo Maria Ardovino, ex dirigente generale per i Beni Archeologici. Ma il ministro Sandro Bondi all’ultimo momento non ha firmato il decreto, senza un perché ufficiale”. Queste come si vede, sono responsabilità gravi e palesi. Oppure il ministro che si diletta con la poesia pensa che che un ministro, in quanto responsabile, per dimettersi debba sistemare personalmente una carica di dinamite sotto la casa dei Gladiatori?
LA CULTURA E’ UN PESO - Per il professore e critico d’arte Achille Bonito Oliva “In Italia i beni archeologici vengono ritenuti dei beni naturali, come se fossero piante, o rocce. Si pensa che ne abbiamo a sufficienza e che quindi, non dobbiamo preoccuparcene. Così, quando avvengono vicende come quella del crollo della Domus dei gladiatori di Pompei, sopravviene l’idea che non sarà poi questo grande guaio. In fondo, lasci che le dica, se ne dispiaceranno più i turisti inglesi e tedeschi che venivano a visitarli, che non i nostri concittadini”. In fondo è proprio così, se si pensa cheIl Giornale, ha proposto di raccogliere tutte le pietre crollate e di venderle come oggetto da collezione. “Come col muro di Berlino”. Senza vergogna.
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