Report e le 56 case di Di Pietro

Report e le 56 case di Di Pietro

Milena Gabanelli e la puntata sui tesorieri di partito. I casi Lusi, Belsito e Maruccio. Con un'attenzione particolare all'IdV

L’inchiesta di Sabrina Giannini, nella puntata di Report, in onda alle 21.30 su Rai3, fa la radiografia ai casi di Luigi Lusi, Francesco Belsito, Franco Fiorito e Vincenzo Maruccio, per passare poi a parlare dei bilanci dei partiti. Dal racconto emerge che questi casi sono il frutto avvelenato di una strategia bipartisan, di un sistema che è fuori da ogni controllo e che negli anni ha divorato miliardi di euro provenienti dalle tasche e dai sacrifici dei cittadini. La presentazione del programma:

I tesorieri di partito negli ultimi anni hanno vissuto all’ombra dei loro leader. Schivi, sempre poco propensi a rilasciare interviste, in molti pensavano che fossero occupati a far quadrare i conti del proprio partito e far si che i soldi provenienti dai finanziamenti pubblici fossero impiegati esclusivamente per rimborsare le spese elettorali, far funzionare al meglio la macchina del partito, o destinati a nobili iniziative sul territorio. Le cronache di questi ultimi mesi ci hanno raccontato un’altra storia e hanno svelato come alcuni di loro agissero per squallidi interessi personali e che dalle casse del partito attingessero in molti, come fosse la festa della cuccagna. E’ possibile che i tesorieri abbiano agito all’insaputa degli organi di partito? Che quello che e’ accaduto non fosse prevedibile ed evitabile?
LE 56 CASE DI ANTONIO DI PIETRO – Tra i leader intervistati in trasmissione c’è Antonio Di Pietro, che parla, nel suo intervento della sua legittima consorte. Con una notizia shock: “Mia moglie non è mia moglie”. Ma nel senso che: “Mia moglie ha una sua testa, una sua esistenza. Criminalizzarla offende il movimento femminile”. Report vuole  criminalizzarla? No, soltanto far raccontare la nascita dell’Italia dei valori, con un’associazione omonima nella quale il leader figura insieme alla fidatissima deputata Silvana Mura e alla consorte Susanna Mazzoleni. L’inchiesta di Sabrina Giannini si occupa anche del partito dipietrista, dal caso-Maruccio all’Emilia Romagna (dove Paolo Nanni è accusato di peculato), fino alle proprietà immobiliari dell’ex pm e i finanziamenti del partito. C’è anche un fermo immagine su Di Pietro e sulla contessa Borletti:
Nel 1995, racconta la Giannini, Maria Virginia Borletti, figlia del produttore milanese di macchine da cucire, decide di donare a Di Pietro e Romano Prodi una parte dell’eredità, quasi un miliardo di lire (che per l’ex pm non sono più di 500 milioni): “Eppure è lo stesso Di Pietro, nella nota memoria consegnata al magistrato, a dichiarare di avere usato la donazione Borletti per l’acquisto di immobili”. E lui ammette: “Certo che la parte che mi ha dato in donazione l’ho usata personalmente”. La giornalista insiste: “Solo a lei?”. E Di Pietro: “E certo che me l’ha data a livello personale”. 


LA QUESTIONE DELLE ASSOCIAZIONI – Ernesto Menicucci riassume le vicissitudini societarie di Italia dei Valori:

Fino al 2009 è l’associazione (fondata nel 2000 da Di Pietro, Mura e dall’ex socio Mario Di Domenico, sostituito nel 2004 dalla Mazzoleni) a gestire circa 45 milioni di euro: in un caso (nel 2005) il rendiconto lo approva solo Di Pietro. Poi l’Idv cambia statuto e stabilisce che i bilanci vanno approvati dai membri dell’ufficio di presidenza, tra i quali i capigruppo di Camera e Senato Massimo Donadi e Felice Belisario. Ma prima chi sapeva di quei soldi? La Mura non conferma la cifra («45 milioni? Non credo »), Belisario «non ricorda», Donad i d i c e d i «aver firmato i bilanci da quando lo statuto lo prevede ». Secondo Di Pietro «non esiste dualismo tra associazione e partito: l’Idv nasce da un socio promotore. Eravamo in pochi, poi sempre di più. Il partito è trasparente, quanto incassato lo abbiamo messo a disposizione».
Di Domenico ed Elio Veltri, ex vicepresidente Idv, sono i due accusatori di Tonino, autori di diverse denunce, tutte respinte o archiviate dalle Procure di Milano e Roma. Nel mirino c’è anche il patrimonio immobiliare dell’ex pm:

45 proprietà, tra appartamenti, cantine, garage, terreni. Altre 11 sono intestate alla moglie e al figlio maggiore. «Lei la campagna non ce l’ha?», replica Di Pietro alla giornalista. Il geometra Massimo D’Andrea, perito di Veltri, ha studiato il patrimonio: «Il capitale vale, con stima prudenziale, 5,2 milioni. Il 67% della movimentazione economica è successiva al 2001, quando arrivano i rimborsi elettorali ». Di Pietro ribatte: «C’è una sentenza su questo, dove sono giustificati immobili e fondi». Una parte, 1,08 milioni, è stata pagata con dei mutui. Il resto? «Col risarcimento danni: a forza di diffamarmi, ho ricevuto qualche milione». Di Pietro, al gip nel 2010, scrive che dalle cause ha avuto «circa un miliardo di lire».

Con 800 milioni, nel ’99, Di Pietro compra due appartamenti a Busto Arsizio:

E poi, tramite l’immobiliare «Anto.cri.srl» di cui è socio unico («ci pago le tasse, che problema c’è?») ne acquista altri due: uno a Milano, l’altro a Roma. Affittati entrambi all’Idv. Nel 2002 altro acquisto: 180 metri quadri a Roma, via Merulana. Di Domenico ne parla come «la casa di Tonino » e mostra la fattura di una ristrutturazione pagata dal partito. Di Pietro replica: «C’era la sede dell’Italia dei valori». Ma, al giudice, scrive che lì «dal 2000 vive e abita».
Edit: Di Pietro annuncia querela:


“Fino a ieri sera non sapevo di essere, addirittura, proprietario di una cinquantina di case. Anche se, continuando con queste ripetute diffamazioni, prima o poi, a quel numero potrei anche arrivarci, grazie ai risarcimenti di coloro che mi hanno diffamato e continuano a diffamarmi tutti i giorni”.
Lo scrive sul suo blog il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, replicando alle polemiche seguite alla trasmissione Report. Il leader Idv allega una documentata replica.


fonte: giornalettismo.com 

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