Benzina, aumentano le accise per la Lunigiana. Paghiamo ancora la guerra in Etiopia
Sempre più cara: tocca nuovi record la benzina in Italia dopo il terzo aumento delle accise deciso in pochi mesi dal Governo. Un aumento di 0,89 centesimi al litro per fronteggiare l’emergenza maltempo che sta affliggendo la Liguria e la Toscana e che si aggiunge ai precedenti rincari decisi tra giugno e luglio: + 0,19 centesimi al litro per finanziare Fus (Fondo Unico per lo Spettacolo) e l’aumento di ben 4 centesimi al litro per far fronte all’emergenza immigrazione nei mesi scorsi. E dal 1° Gennaio 2012 le accise aumenteranno ancora!
E tra un’emergenza e l’altra, i prezzi continuano a crescere. Secondo le rilevazioni di Staffetta Quotidiana, infatti, sulla rete Q8 il prezzo della verde avrebbe ormai raggiunto il picco degli 1,648 euro al litro: il nuovo massimo storico nominale – dopo quello di 1,646 rilevato lo scorso 19 settembre – per una media ponderata nazionale dei prezzi della benzina che si attesta tra i diversi marchi a 1,631 euro al litro e a 1,542 euro al litro per il gasolio. Con una particolarità: al Sud Italia si arrivano a sfiorare anche gli 1,7 euro per un litro di verde. Dall’anno scorso ad oggi, insomma, i prezzi non hanno mai smesso di alzarsi, arrivando ad un rincaro pari a quasi il 20%: se infatti lo scorso anno per un pieno di benzina di un’auto di media cilindrata occorrevano all’incirca 70 euro, ad oggi ce ne vogliono 82,4.
Il Codacons ha stimato al riguardo come questi tre recenti aumenti delle accise porteranno «una tassa aggiuntiva pari ad 89 euro ad autovettura, tassa così composta: 60 euro per l’aumento delle accise entrato in vigore tra giugno e luglio, 13 euro per l’aumento delle accise deciso per il maltempo in Toscana e Liguria, e, considerando la benzina a 1,631 euro al litro ed il gasolio a 1,542 euro al litro, 16 euro per l’aumento dell’Iva al 21% (non calcolando gli arrotondamenti, altrimenti si sale a 21 euro)». Se si considera quindi che in Italia sono presenti 36 milioni e 728 mila veicoli circolanti, il Codacons ha parlato di una «stangata teorica pari a 3,2 miliardi di euro» e ha deciso di ricorrere al Tar del Lazio contro questo provvedimento.
Provvedimento che, infatti, rischia di gravare sulle spalle dei cittadini molto più a lungo di quanto invece durerà l’emergenza in Lunigiana per il quale è stato varato. Se poco ci potrebbe essere da dire sulla legittimità o meno dell’aumento delle accise per fronteggiare la grave crisi ambientale, sorge però spontanea una domanda di diversa natura: anche questa accisa farà la fine delle altre che mai sono state rimosse? Al momento in Italia più del 50% del prezzo al consumo della benzina è infatti costituito da tasse e accise, molte delle quali furono introdotte negli anni passati come misura temporanea per fronteggiare situazioni di crisi e a tutt’oggi – sebbene siano venute meno le cause che le hanno determinate – non sono state rimosse: tra gli esempi più significativi potrebbero esserci l’accisa di 1,90 lire (0,001 euro) per la guerra in Etiopia del 1935 o quella di 99 lire ( o, 051 euro) per il terremoto in Friuli del 1976. Ma l’elenco è lungo e comprende anche la Crisi di Suez del 1956 o il disastro del Vajont del 1963, per il quale tra l’altro gli enti locali avevano in passato denunciato di non aver mai ricevuto una lira dallo Stato Italiano. Come a dire: c’è chi continua a mangiare dalla tragedie dei cittadini. Presenti e passate. Una volta istituita, l’accisa non si perpetua negli anni.
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