Pensioni, disuguaglianza record dirigenti al top e precari in miseria
L´Istat: importo al Sud più basso del 20 per cento. I co.co.co. arrivano a 1570 euro annui, i sacerdoti a 7464, i manager a riposo sfiorano i 50mila. Nel Mezzogiorno distribuito il 44,2% dei contributi di tipo assistenziale, dato in crescita
La distanza che separa un pilota da un co.co.co o co.co.pro qualunque, se misurata dall´entità della sua pensione, è davvero incolmabile: 3.500 euro contro 120 o poco più. Lordi, al mese. Raggelante, poi, se il confronto è con un dirigente: 3.800 euro contro i soliti 120. Un rapporto quasi di uno a 40.
Si dirà: vuoi mettere, dirigente contro call center, assistente di volo contro segretaria. Categorie, professioni, qualifiche e stipendi diversi. Vero, ma la questione non si liquida su due piedi. Tanto più che il numero degli assegni pensionistici erogati ai precari aumentano di anno in anno a ritmi sostenuti. Tra il 2009 e il 2010, ad esempio, sono cresciuti del 17%. Più di tutte le altre categorie. E nel futuro diventeranno una parte molto consistente della spesa complessiva. Perché è lì che si raggrumano gli incerti, i saltimbanchi del lavoro. E´ lì che galleggiano anche i professionisti degli anni duemila. Ingegneri, architetti, ricercatori. Oggi giovani "a progetto". Domani anziani senza rete.
I dati sono scritti nero su bianco. Li riporta l´Inps nel Rapporto annuale relativo al 2010. A guidare con serenità la classifica delle pensioni sono i dirigenti (3.788 euro in media al mese), quasi raggiunti da piloti e assistenti di volo (3.487 euro). Ben a distanza tutti gli altri. Sfiorano i 2 mila euro i telefonici, in buona compagnia con chi lavorava per le società elettriche (1.879 euro). Gli ex impiegati dei trasporti e delle ferrovie si attestano sui 1.500 euro.
Tutti gli altri crollano sotto gli 800 euro. Tra questi la categoria più numerosa, quella dei lavoratori dipendenti, quasi nove milioni e mezzo di persone, che si accontentano di 861 euro. Sempre meglio dei commercianti (707 euro), degli artigiani e agricoltori (2,7 milioni di pensionati a 611 euro) e dei preti (574 euro). E soprattutto mai così male come i co.co.co.: 1.570 euro l´anno, 121 euro al mese, 96 euro in media alle donne, 130 euro agli uomini. Per ora si tratta di 245 mila persone. Ma crescono.
L´Inps spiega che nella voce "gestioni separate" confluiscono «prevalentemente le pensioni supplementari», ovvero le seconde pensioni, più piccole e non ricongiunte con le principali, disciplinate da una legge del 1962. Evidenza che non mitiga il sintomo e dunque l´allarme. Chiaramente percepito, visto che l´aliquota obbligatoria da versare in questa gestione è passata gradualmente dal 10% del 1996 al 26,72% attuale, sempre più vicina a quella della gestione principale Inps.
In tema di pensioni, un´altra distanza ormai incancrenita, perché immutata da almeno cinque anni, è quella tra le aree del Paese. Le pensioni erogate al Sud, scrive l´Istat nel Rapporto annuale, sono più basse di quelle del Nord-ovest di quasi un quinto, ovvero del 19,5% e del 12,1% rispetto alla media nazionale. Per fare un esempio, nel 2009 un pensionato meridionale prendeva in media 9.501 euro lordi l´anno, una cifra di gran lunga inferiore se paragonata agli assegni erogati al Nord-ovest (11.805 euro), Nord-est (10.959 euro) e Centro (11.317 euro). E, ovviamente, alla media nazionale pari a 10.808 euro.
In cinque anni, dunque, nulla è cambiato nei redditi degli anziani a Napoli, Palermo, Bari e Cagliari. Un divario costante con Torino e Milano, quello monitorato dall´Istat tra il 2004 e il 2009, mantenuto tale dalla crescita, che pur c´è stata, dell´importo delle pensioni. Un aumento in linea al Sud (+18,8%) con quello che succedeva nel resto del Paese (+19%). L´assegno del 2009, in pratica, era più ricco di quello del 2004, come per tutti gli italiani. Ma più basso in Puglia e Sicilia di quanto incassato in Piemonte e Lombardia.
Nel frattempo, è lievitata la quota di pensioni assistenziali, tra cui invalidità civile e assegni sociali, erogati al Sud: sono il 44,2% rispetto al 43,8% del 2004. Non così l´importo medio annuo: 4.656 euro nel Mezzogiorno contro i 4.810 euro del Nord-ovest e i 4.730 euro della media nazionale.
fonte: la Repubblica
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La distanza che separa un pilota da un co.co.co o co.co.pro qualunque, se misurata dall´entità della sua pensione, è davvero incolmabile: 3.500 euro contro 120 o poco più. Lordi, al mese. Raggelante, poi, se il confronto è con un dirigente: 3.800 euro contro i soliti 120. Un rapporto quasi di uno a 40.
Si dirà: vuoi mettere, dirigente contro call center, assistente di volo contro segretaria. Categorie, professioni, qualifiche e stipendi diversi. Vero, ma la questione non si liquida su due piedi. Tanto più che il numero degli assegni pensionistici erogati ai precari aumentano di anno in anno a ritmi sostenuti. Tra il 2009 e il 2010, ad esempio, sono cresciuti del 17%. Più di tutte le altre categorie. E nel futuro diventeranno una parte molto consistente della spesa complessiva. Perché è lì che si raggrumano gli incerti, i saltimbanchi del lavoro. E´ lì che galleggiano anche i professionisti degli anni duemila. Ingegneri, architetti, ricercatori. Oggi giovani "a progetto". Domani anziani senza rete.
I dati sono scritti nero su bianco. Li riporta l´Inps nel Rapporto annuale relativo al 2010. A guidare con serenità la classifica delle pensioni sono i dirigenti (3.788 euro in media al mese), quasi raggiunti da piloti e assistenti di volo (3.487 euro). Ben a distanza tutti gli altri. Sfiorano i 2 mila euro i telefonici, in buona compagnia con chi lavorava per le società elettriche (1.879 euro). Gli ex impiegati dei trasporti e delle ferrovie si attestano sui 1.500 euro.
Tutti gli altri crollano sotto gli 800 euro. Tra questi la categoria più numerosa, quella dei lavoratori dipendenti, quasi nove milioni e mezzo di persone, che si accontentano di 861 euro. Sempre meglio dei commercianti (707 euro), degli artigiani e agricoltori (2,7 milioni di pensionati a 611 euro) e dei preti (574 euro). E soprattutto mai così male come i co.co.co.: 1.570 euro l´anno, 121 euro al mese, 96 euro in media alle donne, 130 euro agli uomini. Per ora si tratta di 245 mila persone. Ma crescono.
L´Inps spiega che nella voce "gestioni separate" confluiscono «prevalentemente le pensioni supplementari», ovvero le seconde pensioni, più piccole e non ricongiunte con le principali, disciplinate da una legge del 1962. Evidenza che non mitiga il sintomo e dunque l´allarme. Chiaramente percepito, visto che l´aliquota obbligatoria da versare in questa gestione è passata gradualmente dal 10% del 1996 al 26,72% attuale, sempre più vicina a quella della gestione principale Inps.
In tema di pensioni, un´altra distanza ormai incancrenita, perché immutata da almeno cinque anni, è quella tra le aree del Paese. Le pensioni erogate al Sud, scrive l´Istat nel Rapporto annuale, sono più basse di quelle del Nord-ovest di quasi un quinto, ovvero del 19,5% e del 12,1% rispetto alla media nazionale. Per fare un esempio, nel 2009 un pensionato meridionale prendeva in media 9.501 euro lordi l´anno, una cifra di gran lunga inferiore se paragonata agli assegni erogati al Nord-ovest (11.805 euro), Nord-est (10.959 euro) e Centro (11.317 euro). E, ovviamente, alla media nazionale pari a 10.808 euro.
In cinque anni, dunque, nulla è cambiato nei redditi degli anziani a Napoli, Palermo, Bari e Cagliari. Un divario costante con Torino e Milano, quello monitorato dall´Istat tra il 2004 e il 2009, mantenuto tale dalla crescita, che pur c´è stata, dell´importo delle pensioni. Un aumento in linea al Sud (+18,8%) con quello che succedeva nel resto del Paese (+19%). L´assegno del 2009, in pratica, era più ricco di quello del 2004, come per tutti gli italiani. Ma più basso in Puglia e Sicilia di quanto incassato in Piemonte e Lombardia.
Nel frattempo, è lievitata la quota di pensioni assistenziali, tra cui invalidità civile e assegni sociali, erogati al Sud: sono il 44,2% rispetto al 43,8% del 2004. Non così l´importo medio annuo: 4.656 euro nel Mezzogiorno contro i 4.810 euro del Nord-ovest e i 4.730 euro della media nazionale.
fonte: la Repubblica
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