Gaza, omicidio Arrigoni: non hanno rispettato nemmeno l'ultimatum...

Rapito ieri mattina nella Striscia, è stato trovato nella notte già morto. Arrestati due sequestratori, si cercano i complici. La cattura del cooperante brianzolo era stata rivendicata da un movimento salafita finora sconosciuto, la sedicente 'Brigata dei Valorosi Compagni del Profeta Mohammed bin Moslima'


Il corpo Vittorio Arrigoni, l’attivista e giornalista filopalestinese italiano rapito ieri mattina nella Striscia di Gaza da un commando ultra-estremista salafita, è stato trovato in un appartamento di Gaza City dai miliziani di Hamas, a conclusione di un blitz condotto nel cuore della notte. L’attivista italiano, che viveva a Gaza dall’agosto 2008, è stato impiccato (secondo altre fonti soffocato) diverse ore prima della scadenza dell’ultimatum che i sequestratori avevano fissato in teoria alle 16 di oggi per il rilascio dei loro “confratelli” detenuti, pena l’uccisione dell’ostaggio.

Secondo fonti della cooperazione internazionale a Gaza la restituzione del cadavere di Vittorio non è attesa al momento prima di domenica 17 (o forse lunedì 18). Il Consolato italiano di Gerusalemme si è già attivato per prepararsi a gestire il recupero il corpo – dopo la necessaria autorizzazione della famiglia di Arrigoni -, ma dovrà attendere la riapertura del valico di Eretz, fra la Striscia e Israele: chiuso di norma, senza eccezioni, tutti i venerdì e sino all’intera giornata di sabato. L’esecuzione dell’attivista è stata così ravvicinata rispetto al momento del sequestro  - avvenuto ieri mattina – che la Farnesina non ha nemmeno avuto il tempo di attivare un qualche contatto diplomatico umanitario.

La condanna di Hamas. In un comunicato il movimento di resistenza islamico Hamas ha denunciato “il criminale sequestro e omicidio di un attivista italiano per la solidarietà” e ha reso noto che il suo corpo è stato “ritrovato dalle forze di sicurezza appeso in una casa abbandonata” nel settore settentrionale dell’enclave palestinese.


 Secondo Yiab Hussein, portavoce del ministero dell’Interno del governo di Hamas, le indagini hanno portato all’arresto d’un primo militante salafita, il quale stanotte ha condotto gli uomini di Hamas fino al covo: un appartamento nel rione Qarame, a Gaza City, che i miliziani delle Brigate Ezzedin al-Qassam (braccio armato di Hamas) hanno espugnato nel giro di pochi minuti, dopo una breve sparatoria conclusa con la cattura di un secondo salafita. Per Arrigoni, però, ormai non c’era più nulla da fare, ha detto il portavoce.

Hussein ha espresso la volontà di Hamas di “stroncare ora tutti i componenti del gruppo” dei rapitori e ha condannato l’uccisione di Arrigoni – indicato come “un amico del popolo palestinese” – definendola “un crimine atroce contro i nostri valori” aggiungendo che “ci sono forze che vogliono destabilizzare la Striscia di Gaza, dopo anni di stabilità e sicurezza. E ha inoltre ipotizzato che gli ultra integralisti – protagonisti negli ultimi due anni di veri e propri tentativi di sollevazione contro Hamas, come quello represso nel sangue nel 2009 nella moschea-bunker di Rafah – abbiano sequestrato Arrigoni non solo per cercare di ottenere il rilascio dei loro compagni arrestati, ma anche perchè ideologicamente ostili alla presenza di stranieri e ‘infedeli’: e decisi quindi a lanciare un segnale intimidatorio in vista del possibile arrivo d’una nuova flottiglia internazionale di attivisti filopalestinesi. Anche per Saeb Erekat, veterano negoziatore dell’Autorità nazionale palestinese e braccio destro del presidente Abu Mazen, l’assassinio di Vittorio Arrigoni a Gaza costituisce “una pagina buia nella storia palestinese”.

Il video del sequestro su Youtube. In un video su YouTube, i sequestratori minacciavano di ucciderlo nel giro di “trenta ore”, quindi entro le 17 locali, le 16 italiane, se non fossero stati scarcerati il loro leader, lo sceicco Hisham al-Souedani, e un imprecisato numero di altri compagni. In realtà, Arrigoni sarebbe stato assassinato poco dopo la cattura, forse appena tre ore. Nella drammatica ripresa si mostrava in primo piano il volto dell’ostaggio, trattenuto e tirato per i capelli da una mano fuori campo: il viso di Arrigoni, bendato con un’ampia fascia nera, appariva tumefatto e sanguinante, con una vistosa ecchimosi attorno l’occhio destro.

Arrigoni era stato il primo straniero a essere rapito a Gaza (Leggi ‘La strategia dei sequestri’)dopo il giornalista britannico della Bbc Alan Johnston, catturato circa quattro anni fa da un altro gruppo locale simpatizzante di Al Qaida, l’Esercito dell’Islam, e liberato dopo 114 giorni di prigionia e lunghe trattative sotterranee.

Vittorio Arrigoni detto “Vik”. L’attivista italiano erano molto noto a Gaza (Leggi il ritratto) dove lavorava a da tempo per conto dell’International Solidarity Movement, una Ong votata alla causa palestinese. Sul sito dell’organizzazione i colleghi di Arrigoni  - chiamato affettuosamenteVik e Utopia- confermano la morte del cooperante brianzolo e si dicono scioccati dal tragico evento. Il 36enne aveva partecipato in passato fra l’altro alla missione di una delle prime flottiglie salpate per sfidare il blocco marittimo imposto da Israele all’enclave dopo la presa del potere di Hamas nel 2007 seguita all’estromissione violenta dell’Autorità nazionale palestinese del presidente moderato Abu Mazen.

La famiglia a Buciago. ”Sono rimasta molto sorpresa, oltre che addolorata che sia successa una cosa del genere per l’attività che lui faceva lì: Vittorio non si metteva mai in situazioni di pericolo”. Lo ha detto Egidia Beretta mamma di Vittorio Arrigoni e sindaco di Bulciago. “Mi hanno telefonato dei suoi amici poco fa da Gaza – ha aggiunto – mi hanno detto che Vittorio è ora in un ospedale della zona e che anche molti cittadini di Gaza sono molto scossi per la morte di Vittorio”.

Il dolore de ‘Il Manifesto’. “Vittorio Arrigoni, l’attivista dell’International solidarity movement, per ‘il manifesto’ ha raccontato dal vivo gli orrori dell’operazione Piombo Fuso e la situazione drammatica dei palestinesi della Striscia. Ai familiari, agli amici, ai compagni di Vittorio va l’abbraccio di tutto il collettivo del manifesto”. Questi alcuni stralci dell’articolo pubblicato nella homepage del quotidiano, in cui si ripercorrono le fasi del rapimento del cooperante italiano e si annuncia il ritrovamento del corpo in un appartamento di Gaza City. “Dagli ultimi due anni e mezzo vissuti intensamente da Vittorio Arrigoni nella Striscia e dall’esperienza della Freedom Flotilla – si legge ancora – erano nati numerosi reportage scritti per ‘il manifesto’ e il volume‘Restiamo umani’, pubblicato nel 2009 da manifestolibri. Sul suo profilo facebook appare un suo post inviato alle 19.12 di mercoledì 13 aprile, che riportava la storia di quattro lavoratori palestinesi morti in uno dei tunnel scavati sotto il confine di Rafah, per aggirare l’assedio delle forze israeliane. Il suo blog è un punto di riferimento per chi vuole conoscere quanto avviene in Palestina”.

La posizione di Israele. Il sito israeliano di intelligence Debka sostiene che l’omicidio di Arrigoni, da parte del gruppo salafita al-Tahwir al-Jihad, il più grande tra quelli affliati ad al-Qaeda nel territorio palestinese, dimostri che la potenza degli estremisti nell’area sta crescendo. Debka ricorda che si tratta della prima esecuzione di un occidentale nella Striscia di Gaza. Negli anni passati, si legge sul sito, il gruppo si è rafforzato grazie all’arrivo di centinaia di terroristi ‘esperti’ dall’Iraq e dallo Yemen, arrivati nel territorio governato da Hamas attraverso il Sinai. Secondo il sito israeliano, nonostante Hamas voglia dare l’impressione di combattere le organizzazioni legate ad al-Qaeda, nel territorio si è invece instaurato un clima di “convivenza amichevole”. Hamas, secondo fonti di Debka, avrebbe consentito ai gruppi salafiti di continuare a operare indisturbati, purché restino all’interno di aree ben delimitate in alcuni sobborghi di Khan Youes, Deir Balakh e Gaza City, vere e proprie aree ‘off-limits’ per chiunque non faccia parte del gruppo, compresi gli uomini di Hamas. Non basta. Per Debka, sia Hamas che i filo-iraniani della Jihad Islamica ricorrono a uomini di al-Qaeda per condurre attentati contro i militari israeliani che pattugliano il confine con Gaza. Infine, secondo il sito israeliano, Hamas sarebbe pienamente coinvolta nel traffico di armi destinate ad al-Qaeda attraverso l’Egitto e il Sudan.

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