La Mano invisibile del mercato

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Lo confesso: i miti del liberismo, della capacità di autoregolamentazione dei mercati, il mito della cosiddetta “mano invisibile del mercato” che regola i prezzi, sposta i mercati del lavoro, delle merci, dei capitali laddove si trovano sbocchi migliori, ripianando le differenze e allineando i livelli, come in un sistema di vasi comunicanti, mi aveva preso, da giovane. Al punto che ero convinto che valesse la regola del “meno regole ci sono e meglio è” (anche perchè, di fondo, io sono un anarchico: insofferente ad ogni tipo di autorità, anche quella che io stesso ero tenuto ad avere col mio gruppo, infastidito al pensiero che ci sia qualcuno che abbia bisogno di un altro che gli dica cosa fare, anche se quell’altro ero io).
Ciononostante riconosco che un minimo di regole ci deve essere, quantomeno per evitare i soprusi da parte dei più forti, dei più arroganti, dei più violenti nei confronti dei più deboli, degli indifesi, degli ultimi. E fra questi soprusi vanno sicuramente annoverati anche quelli non rivolti direttamente a qualcuno in particolare, ma anche quelli contro la collettività: se una azienda inquina l’aria, che è un bene di tutti, giusto multarla, fermarla, impedirle insomma di danneggiare un bene comune.
Faccio queste considerazioni perchè ho visto di recente il documentario sulla crisi della finanza speculativa, dei mutui subprime, del 2007-2008 e anni seguenti, dal titolo: “Inside job” (vedi sotto), e ho trovato un esempio di come sia necessario, anzi indispensabile attrezzarsi contro la violenza, avidità, aggressività di pochi a danno di molti. In una delle interrogazioni parlamentari ai rappresentanti di Goldman Sachs, Morgan Stanley, ecc., di fronte alla domanda “Lei non ritiene che la compravendita di questi prodotti finanziari (in particolare ci si riferiva a CDO e CDS) andrebbe sottoposta a regolamentazione?” la risposta era: “Questi sono contratti fra privati, professionisti che sanno cosa fanno e accettano il rischio” sottintendendo: “Per quale motivo il governo o un ente regolatore dovrebbe intervenire?“.
Detta così, verrebbe quasi da dar ragione a questi signori: mica puntavano la pistola alla tempia dei firmatari per costringerli a firmare, no? A parte che esistono numerosi casi di invalidità del contratto firmato (non basta una generica firma di consenso informato e/o attestazione di aver compreso il livello di rischio: numerosi sono state le cause vinte CONTRO istituti finanziari, in Italia, per aver fatto firmare contratti derivati a persone che non ne capivano il significato (ma probabilmente anche i promotori che li proponevano non avevano mica capito tanto bene….), se si comprende bene di cosa si trattava risulta evidente come la proposta di questi “prodotti” sia in contrasto con alcune norme basilari. Provo a spiegarlo sinteticamente.
I CDO (Collateralized debt obligation, vedi qui si wikipedia) sono di fatto dei minestroni di mutui, molto spesso subprime (sottoscritti da chi non ha le minime garanzie da offrire, i famosi ninja, no-income-no-job or -assett), ma anche debiti vari, carte di credito, ecc; per garantirsi dal rischio di insolvenza si inventarono anche i CDS (Credit deault swap), di fatto delle assicurazioni sul rischio di default del titolo, di norma il CDO.
Esiste una regola, nelle assicurazioni, che impedisce di assicurare un bene sul quale non si ha un interesse diretto. E questa è una regola di buon senso: pensate, estremizzando, se così non fosse, potrei assicurare la casa del vicino, e poi darle fuoco, in modo da intascare l’assicurazione (senza averci rimesso niente). Alla stessa maniera, per lo stesso motivo, lo stesso bene non può essere assicurato da più persone: se in 50, o in 50.000 assicuriamo la stessa casa contro l’incendio, nel caso di incendio l’assicurazione dovrebbe risarcire i 50.000 sottoscrittori. Ci vuole un legame diretto, un interesse precipuo che mette in correlazione il bene assicurato con chi quel bene sta assicurando.
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Con i CDO e i CDS gli “ingegneri finanziari” avevano distrutto le basi tradizionali dei rapporti di mutuo/prestito e i principi delle assicurazioni. Se in un rapporto normale di mutuo esisteva un rapporto diretto fra l’erogatore (la banca) e il mutuatario, con tutto l’interesse, da parte dell’erogatore di avere creditori affidabili, i minestroni creati con i CDO annullavano questo rapporto e in qualche modo incentivavano la concessioni di mutui a tutti, perchè ormai l’unico obiettivo era la creazione di liquidità (sappiamo bene che il denaro è emesso a debito, per cui più debiti vengono contratti e più soldi guadagna il promotore).Con i CDS si veniva a creare una situazione ancora più pericolosa: i CDS su particolari CDO (l’assicurazione su un altrotitolo sottostante) poteva essere sottoscritto anche da chi non deteneva quel sottostante (posso assicurare contro l’incendio la casa che NON posseggo), anche da più sottoscrittori (la possiamo assicurare n volte).
Fino al paradosso dei paradossi: lo stesso venditore dei CDO (Goldman Sach) che “scommette” sul fallimento dei CDO che ha appena venduto e compra i relativi CDS.



   

Una volta scoperto questo, voi direte, chi ha operato questi crimini sarà finito in prigione, come minimo, no? E invece no: tutti gli uomini dei vertici Goldman Sachs, come ci spiega bene Monia quando ci fa le sue presentazioni, sono passati ai vertici del tesoro americano, della Federal Reserve, della BCE, del governo in Italia o in Grecia; e tutti, anche di altre banche commerciali o della stessa AIG (Amerian Insurance Group, salvata dalla Fed con 800 miliardi di dollari) liquidati a suon di centinaia di milioni di dollari. E noi che ci lamentavamo perchè il nostro Profumo se ne è uscito da Unicredit con 40 milioni di euro!
PS: ma se questi ostinati sostenitori della “bontà intrinseca” del mercato non vogliono regole e vogliono che il mercato sia lasciato a sè stesso, perchè poi corrono a chiedere i salvataggi (bail-out) quando le cose gli vanno male?
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Fonte: http://www.stampalibera.com/?p=62270

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