Canna(bis)trattata
Di Mauro
Guitto - Per gentile concessione di Extra Magazine - www.extramagazine.eu
E’
stato inaugurato nei giorni scorsi a Crispiano (Ta) l’impianto di
trasformazione della canapa. All’inaugurazione erano presenti
Rachele Invernizzi collaboratrice di Assocanapa e titolare di
SouthHemp Tecno (proprietaria dell’impianto), Fabrizio Nardoni
assessore regionale alle Risorse Agroalimentari, l’onorevole
Alessandra Terrosi, il Sindaco di Crispiano Vito Egidio Ippolito e il
presidente della Regione Nichi Vendola. Si tratta del secondo
impianto in Italia che coprirà tutto il centro-sud così come quello
piemontese di Carmagnola (TO) copre tutto il centro-nord. Entrato in
funzione dalla fine di agosto 2014, l’impianto trasformerà la
canapa prodotta dai 250 ettari seminati in Puglia, Campania,
Calabria, Abruzzo, Molise e Basilicata. La produzione (e di
conseguenza la trasformazione) sono destinati a raddoppiare dal
prossimo anno.
Ricordiamo
che la vigente normativa consente solo la coltivazione di sementi
iscritte in un apposito registro, munite di certificazione e che
devono contenere un livello di THC (il principio attivo) inferiore
allo 0,2%.
L’impianto
di Crispiano rivestirà dunque un ruolo molto importante perchè
consentirà l’agevole trasporto dal sud Italia del canapulo
(altrimenti detto “legno di canapa”) e della fibra ottenuti dalla
lavorazione delle bacchette di canapa nell’impianto tarantino. La
fibra ottenuta sarà molto utile perchè verrà utilizzata nella
bioedilizia. Dall’unione della fibra con la calce nasce un
materiale di alta qualità, privo di sostanze nocive all’uomo e
all’ambiente, la Calcecanapa, che serve all’isolamento degli
edifici. I benefici sono tanti altri.
Vendola
lo ha definito “un pezzettino di mondo nuovo” per i risvolti
occupazionali, energetici e ambientali che la lavorazione e
l’utilizzo della canapa può offrire sul territorio tarantino,
pugliese e nazionale.
Il
Governatore, che ne ha esaltato il progetto anche all’inaugurazione
della Fiera del Levante di Bari del 13 settembre 2014, ha ragione
perchè puntare sulla canapa vuol dire e vorrà dire puntare al
futuro.
Pochi
lo pensano e in pochissimi hanno il coraggio di chiamare tutto questo
con il suo vero nome, lo diciamo noi : rivoluzione industriale. Eh sì
perchè se ci pensate bene, la canapa, con il pieno appoggio e la
spinta delle istituzioni andrebbe a sostituire del tutto le
inquinanti attività industriali e l’utilizzo del costoso petrolio.
La canapa infatti potrebbe in futuro addirittura sostituire anche il
carburante utilizzato oggi dalle automobili che a loro volta vengono
costruite dai colossi del settore anche con la fibra di canapa.
Se
pensiamo al territorio pugliese la svolta riguarderà anche
l’agricoltura.
Avendo
a disposizione un impianto di prima trasformazione, i costi per gli
agricoltori pugliesi si riducono e di conseguenza avrà più senso
(economicamente parlando) investire su queste piantagioni,
predisponendone delle altre, creando e ampliando nuovi commerci e
nuova economia in un territorio (come quello inquinato tarantino o
quello della Terra dei fuochi per esempio) dove l’occupazione,
l’economia e l’agricoltura ormai sono dei miraggi. Delle
possibilità offerte dalla canapa non ne parliamo di nuovo, lo
abbiamo già fatto nei precedenti articoli. Le applicazioni sono
tante (oltre all’agricoltura) dal tessile al settore
automobilistico, passando per la bioedilizia, l’alimentazione,
l’ambiente, la medicina, la cura, la cosmesi, l’igiene personale
e tanto altro.
Tuttavia
per giungere a tali importanti obiettivi e per sviluppare quei campi
di applicazione che già esistono c’è da sconfiggere un nemico
ancora più ostico: il pregiudizio… che provoca il conseguente
proibizionismo.
L’ex
sindaco di Milano Letizia Moratti affermò che legalizzare l’uso
della cannabis non rappresenterebbe un risparmio economico ma
addirittura aumenterebbe la spesa sanitaria per “curare“ le
persone che ne fanno uso. A nostro parere legalizzarla vorrebbe
invece dire controllarne meglio la diffusione e magari anche
risparmiare eliminando le spese di lunghi e spesso inutili processi
provocati dall’infrazione della vigente normativa proibizionistica
che provoca ulteriori spese per controllare il territorio e mantenere
detenuti in carcere a costi molti alti.
Legalizzare
non significa proibire ma vuol dire autorizzare facendo prevenzione,
educando, informando sugli eventuali rischi cui si va incontro con
l’eccessivo e lo sconsiderato consumo, controllando la quantità e
la qualità prodotta, quella venduta (quindi consumata),
predisponendo dove e come metterla in vendita. Il punto è proprio
questo, non è tanto quello di legalizzare ma di predisporre una
corretta prevenzione, educazione e riduzione del danno.
Se
consideriamo che la vendita del tabacco e dell’alcool sono legali
con l’unico limite rappresentato (nel caso dell’alcool) dall’età
(16 o 18 anni) a partire dalla quale può essere venduto (o
somministrato), tutto è legato alla coscienza di ogni individuo:
vale per l’alcool, vale per le sigarette e varrebbe anche per la
cannabis. Se per esempio in pochi minuti bevessimo una intera
bottiglia di grappa e ci sentissimo male, ce la prenderemmo con la
grappa? Diremmo che la grappa fa male? Se invece ci limitassimo a un
semplice piccolo bicchiere non accadrebbe nulla. Lo stesso discorso
varrebbe per la cannabis. Se ognuno di noi agisce con incoscienza non
può certo dare la colpa a nessuno se non a sè stesso.
Detto
questo, il fumo (attivo e passivo) fa male e provoca tumori e
malattie respiratorie e non solo. E ci riferiamo anche al tabacco la
cui vendita, come detto, è resa legale dallo Stato che ci guadagna
(attraverso il Monopolio dei Tabacchi) e che allo stesso tempo
informa (lavandosi la coscienza?) con un avviso su ogni pacchetto che
provoca malattie. Ognuno è quindi libero di fumare nei luoghi dov’è
consentito (rispettando chi invece non lo fa e non vuole nemmeno
respirarlo il fumo) conoscendo i rischi cui va incontro fumando ed
esagerando.
In
altre parole, anche tabacco e alcool possono diventare una droga se
vengono consumati in modo frequente e in quantità esagerate e di
conseguenza possono provocare malattie e portare anche alla morte.
Naturalmente
anche fumare cannabis, se fatto senza alcun limite, senza alcun
controllo della pianta, può far molto male, sia molto chiaro. Sicchè
nessuno si illuda che legalizzare debba significare autorizzare
all’abuso perchè quello causa solo danni.
Ma
cosa accade fuori dall’Italia ? L’Olanda è stata il primo Paese
a liberalizzare la cannabis poi seguita dalla Spagna, dal Belgio e
dal Portogallo con una liberalizzazione per così dire “limitata”.
Fuori dall’Europa l’Uruguay è stato il primo Paese al mondo a
legalizzare la cannabis in toto (produzione, distribuzione e
vendita). All’inizio del 2014 negli USA è stata la volta del
Colorado (dove il consumo è consentito a chi ha compiuto 21 anni).
Nella capitale, Denver, sono nate avviatissime fabbriche che
producono cioccolate a base di cannabis dette “barrette Colorado”
e altre dove vengono prodotte sigarette non di tabacco ma di 100mg di
THC cadauna e sigarette elettroniche con olio di cannabis. Vengono
coltivate fino a 300 varietà di piante in apposite serre naturali e
artificiali.
Nello
Stato di Washington hanno autorizzato il consumo a uso ricreativo e
sempre negli States nell’Oregon, in Alaska e in California si dovrà
attendere l’esito di un apposito referendum.
La
cannabis, come detto nei precedenti articoli, trova applicazione
anche in campo medico.
In
Italia, fino a pochi giorni fa, lo Stato consentiva le cure con
farmaci a base di cannabis ma non autorizzava la produzione
costringendo i pazienti bisognosi ad acquistarli fuori in altri paesi
a costi altissimi (circa 35 euro al grammo e in alcuni casi anche
molto di più).
La
grande novità di alcuni giorni fa è il via libera dei ministri
della Difesa Roberta Pinotti e della Salute Beatrice Lorenzin alla
produzione della cannabis in Italia che porterà i farmaci
cannabinoidi nel 2015 sugli scaffali delle farmacie che saranno di
grande importanza per la terapia del dolore ai pazienti malati di
hiv, di cancro e per la cura della Sla e di altre malattie.
L’unico
limite è rappresentato dal fatto che la pianta, al fine di
controllarne il prodotto, sarà coltivata nello stabilimento chimico
militare di Firenze.
L’individuazione
dello stabilimento come unico posto autorizzato alla coltivazione ha
lasciato non pochi dubbi perchè si teme che lo Stato voglia in un
certo senso “guadagnarci qualcosa”.
Saputa
la notizia, l’Associazione no profit “La piantiamo! Cannabis
Social Club Racale” della prov. di Lecce, che per anni si è
battuta per il diritto alla cura dei malati con la cannabis ha
ufficialmente chiesto un incontro con il ministro della Salute
Lorenzin per conoscere i dettagli del progetto così come i costi al
grammo, la composizione del prodotto finito e chi saranno gli
interlocutori e gli “attori” del nuovo sistema. L’Associazione
vorrebbe soprattutto proporre a livello nazionale il proprio progetto
pilota già approvato dalla Regione Puglia il 22 Luglio 2014 che tra
le altre cose prevede la produzione e la vendita di cannabis
terapeutica al costo di 1,55 euro al grammo in modo da consentire a
tutti di usufruire del farmaco. La stessa associazione nei mesi
scorsi ha fondato insieme ad altre realtà pugliesi una Srl dal nome
“Esile” per coltivare, confezionare e distribuire la cannabis
terapeutica grazie a un sistema controllato e organizzato atto a
evitare sprechi di denaro, a garantire la qualità del prodotto e,
come detto in precedenza, l’accessibilità a tutti e a prezzi
contenuti.
Dunque
la battaglia antiproibizionista prosegue in Italia (e non solo) tra
piccoli passi avanti e nel pensiero (il nostro e quello di tanti) che
censura e repressione non servono a niente, anzi, provocano effetto
contrario.
La
formula è una : educare e lo si potrà fare solo liberalizzando nel
miglior modo possibile, sia chiaro, per evitare che legalizzare venga
(male) interpretato come ABUSARE.
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